I costi sconosciuti del cibo

Risolvere l’annosa questione della fame nel mondo è possibile: è necessario cambiare la tipologia degli alimenti prodotti, migliorarne la distribuzione e privilegiare lo sviluppo di piccole aziende agricole innovative.

05 maggio 2015

Nel libro “The eco-spasm report”, lo scrittore Alvin Toffler immagina una soluzione concreta al problema mondiale della scarsità di cibo. “Sorgerà, in Occidente, un movimento che proibisce di mangiare carne, risparmiando così quantità enormi di tonnellate di cereali che saranno utilizzate invece per sfamare il mondo intero”. L’utopia di Toffler risale al 1975. 

Da allora, c’è una maggiore sensibilità verso il rapporto cibo/risorse/distribuzione mondiale degli alimenti, ma è ancora lunga e difficile la strada per risolvere il problema della fame in molte aree del pianeta.

Produrre carne costa

È ormai da anni appurato come la produzione e il consumo di carne richieda più costi, più dispendio di energia e un maggior utilizzo di acqua. 

Secondo i dati della Global Hunger Alliance (coalizione internazionale che promuove soluzioni ecologiche ed equo-solidali sul problema della fame nel mondo) vi è una scala di alimenti che risparmiano acqua.

Ecco quanta acqua viene consumata per produrre certi alimenti:

  • 1 kg di patate -> 500 litri d'acqua
  • 1 kg di grano -> 900 litri d'acqua
  • 1 kg di mais -> 1.400 litri d'acqua
  • 1 kg di riso -> 1.900 litri d'acqua
  • 1 kg di fagioli di soia -> 2.000 litri d'acqua
  • 1 kg di carne di pollo -> 3.500 litri d'acqua
  • 1 kg di carne bovina -> da 25mila a 100mila litri d'acqua

Un altro esempio. Abbiamo un ettaro di terreno agricolo. Se lo coltiviamo a patate possiamo produrne in un anno 25mila kg. A fagioli e soia, avremo un raccolto di 1800 kg. Se lo destiniamo a foraggio da dare agli animali da allevamento, alla fine otterremo solo 60 kg di proteine animali. 

Quante persone possiamo sfamare? Sempre secondo i dati GHA, vediamo il fabbisogno energetico di quante persone può essere soddisfatto da un ettaro di terra destinato a produrre diversi alimenti.

Quante persone sfama un ettaro di terra?

  • patate --> 22 persone
  • riso -> 19 persone
  • mais -> 17 persone
  • grano -> 15 persone
  • latte -> 2 persone
  • pollo -> 2 persona
  • uova -> 1 persona
  • carne -> 1 persona

Esistono soluzioni?

Diminuire (o eliminare) il consumo di carne appare essere la migliore soluzione per la sopravvivenza del nostro pianeta. È una considerazione che emerge analizzando anche i rapporti dell’Unep (United Nations Environment Programme), in cui è stilato un confronto tra prodotti, risorse, attività economiche e trasporto sulla base del loro impatto ambientale. Emerge che l’agricoltura, in particolare solo per la produzione di carne e latticini, rappresenta il 70% del consumo globale di acqua dolce, il 38% dello sfruttamento delle terre e il 19% dell’emissioni di gas serra. 

C'è bisogno di un sistema agricolo sostenibile

Dati confermati dal documento State of the world 2011, redatto dal Worldwatch Institute di Washington. Il sottotitolo del rapporto è Nutrire il Pianeta e il focus 2011 riguarda l’alimentazione: dagli scandali  degli sprechi alimentari, al fatto che un miliardo di persone nel mondo risulti ancora sottonutrito. Dal rapporto emerge inoltre che è proprio il settore agricolo a essere uno dei principali responsabili del riscaldamento globale e della perdita di biodiversità, a causa delle tecniche impiegate nelle coltivazioni industriali. “I nuovi approcci per la creazione di un sistema agricolo sostenibile possono rivelarsi vincenti”, ha sottolineato il presidente del Worldwatch Institute, Christopher Flavin, nella prefazione a State of the World. “

I cambiamenti da mettere in atto

Da una ricerca dell’associazione britannica Soil Association è emerso quanto sia indispensabile cambiare la tipologia degli alimenti prodotti e migliorarne la distribuzione, al fine di garantire che tutti abbiano cibo a sufficienza. 

Questi cambiamenti consistono nel: 

  • produrre meno carne; 
  • utilizzare metodi agricoli più sostenibili e che non dipendano da sostanze petrolchimiche; 
  • produrre più cibo a livello locale e regionale 

Anche Carlo Petrini, presidente di Slow Food International, rileva quanto sia importante il legame tra benessere nell’alimentazione e benessere sociale, aggiungendo che: “Finalmente le coscienze si stanno svegliando e sempre più persone maturano la consapevolezza che è giunto il tempo di trovare altri modi di fare, produrre e consumare”.